Cosa, Come, Dove, Quando nel Verde della Toscana
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Le stagioni più fresche vogliono una cucina sostanziosa. Sicchè un buon pranzo alla toscana autunnale od invernale inizierà come sempre con i crostini toscani, le fettine di pane leggermente con spalmato un sapiente passato di fegatini di pollo e spezie, accompagnandoli con prosciutto, salame e la tipica finocchiona di carni di maiale tritate e insaporite con semi di finocchio selvatico.
E passiamo ai primi! Non mancherà certo la gustosa ribollita realizzata indorando un abbondante battuto di cipolla a cui si unisce il cavolo nero, i fagioli bianchi e altre verdure cotto a fuoco lentissimo per almeno tre ore a cui a fine cottura si aggiungono fettine sottili di pane precedentemente tostato. Interessante anche l’acquacotta preparata soffriggendo nell’olio una cipolla tritata assieme a pezzetti di lardo e a funghi porcini tagliati piccoli, quindi acqua, sale, salvia, maggiorana, rosmarino, un pizzico di zenzero; viene servita in scodelline di coccio con appoggiate fettine di pane toscano abbrustolito su cui si versa il brodo, una spruzzatina di parmigiano ed è pronta. Da non dimenticare la pappa al pomodoro, la zuppa di pane raffermo cotto assieme al pomodoro, qualche spicchio d’aglio, basilico, zenzero e olio d’oliva;in inverno va servita calda. L’utilizzo del pane raffermo è fondamentale anche per la sostanziosa minestra di pane con cotenne di maiale, verza e fagioli rossi.
E siamo ai secondi ed il primato spetta da sempre alla bistecca alla fiorentina, l’ottima costata di carne chianina, tagliata dalla parte del filetto, alta due dita ed arrostita su una griglia di carboni ardenti senza fiamma. Segue la trippa alla fiorentina soffritta nella cipolla e poi passata nella polpa di pomodoro a fuoco lento per circa mezz’ora; si serve ben calda dopo una spolverata di abbondante parmigiano. Da non perdere poi le saporite rosticciane e ariste di carni di maiale e il succulento stracotto alla fiorentina di carne magra di manzo insaporita da cipolle, sedano, aglio, pomodori pelati e un po’ di salvia e ramerino.
Tra i piatti preziosi ma cucinati sempre più raramente sono da ricordare: il cibreo, un pietanza rara in cui si utilizzano le rigaglie del pollo compresa la cresta e i bargigli indorate e legate con rosso d’uova, qualche goccia di limone e un pizzico di zenzero; l’oca arrosto cotta con burro, sale, pepe, ramerino e salvia; la carabaccia una zuppa di carne secca tritata insaporita con carote e sedano soffritti, piselli lessi, brodo, versata su fette di pane abbrustolite e infine coperta con un uovo in camicia e cosparsa di pecorino; la lepre in dolce e forte, piatto per stomaci robusti in cui la carne viene cotta a fuoco lento in un soffritto di sedano, cipolla, carota e prezzemolo e, a metà cottura, viene aggiunto il pomodoro e poi una spolverata di farina e zucchero e l’aceto, quindi un pugno di uva passa, il cedro candito e la cioccolata fondente; il polpettone di carne macinata di manzo con uova, prosciutto e noce moscata; il pollo alla diavola e il peposo, originario dell’Impruneta e dove ancora lo si fa, spezzatino di manzo con aglio, pomodoro, sale e abbondante pepe, servito su fette di pane abbrustolito.
Un pranzo che si rispetti deve esser accompagnato dal vino e la scelta naturale è quella del Chianti, il rosso nettare toscano. “… Del buon Chianti il vin decrepito, maestoso, imperioso, mi passeggia dentro il core, e ne scaccia, senza strepito, ogni affanno e ogni dolore…” così scriveva lo scienziato e poeta Francesco Redi (1626 – 1698) nel suo arcinoto “Bacco in Toscana”.

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